Mercoledì | Teaser ufficiale | Netflix
'Una gallina sana brilla. Le piume appartengono alla categoria degli elementi luminosi in natura.'
Come fa un soggetto così minuto e, all'apparenza, banale come il racconto di una persona che decide di allevare animali guadagnarsi così tanto l'attenzione della critica e di chi è appassionato di letteratura? Vi basti pensare che la trama, riassunta sul retro della copertina, raggiunge a malapena una riga: "Quattro galline: la vita, nient'altro che la vita". Eppure gli elogi da parte di autrici e autori importanti - da Giulia Caminito a Chiara Valerio - si sprecano.
Lo sguardo di Jackie Polzin, al suo primo romanzo, è dotato di estrema ma misurata empatia, un'attenzione scrupolosa per ogni piccolo dettaglio e la capacità di far girare le pagine degna di chi sta narrando un thriller al cardiopalma o un'avventura incalzante. Uno sguardo similare a quello della sua protagonista, una donna sposata e in età matura come tante, con il desiderio di dedicare parte della propria vita ad accudire quattro volatili.
Durante la lettura scopriremo le caratteristiche di ognuna di loro (ovviamente, la vivacissima Testanera è diventata la mia preferita) ma anche e soprattutto delle persone che l'accudiscono e degli amici che fanno loro visita. Ed è nelle pieghe di una quotidianità apparente, fatta perfino di incauti errori (tipici di chiunque adotti per la prima volta un animale), che il romanzo svela la sua raison d'etre.
Con una scrittura capace di non indugiare mai nel dolore fine a se stesso, sebbene semplice e diretta, Polzin ci regala leggerezza, attimi di tenerezza e momenti di quieta riflessione.
"La vita non è altro che lo sforzo continuo di vivere. Certe persone lo fanno sembrare facile. Le galline no. Muoiono all'improvviso e senza una ragione."
Rimango sempre stupita da chi riesce a condensare così tanto in un spazio così contenuto come un piccolo pollaio nel Minnesota.
Quando una mandria di stronzi incontra un professore armato di frusta e cappello, alla mandria di stronzi si può già fare ciao ciao.
Ho il grande sospetto che questo film sia addirittura migliore di Call me by your name. Spero di vederlo presto.
«Emigrare era come staccarsi di dosso la pelle. Come disfarsi. Ti svegli ogni mattina e ti dimentichi dove sei, chi sei, e quando il mondo di fuori ti mostra il tuo riflesso, è brutto e distorto; sei diventato una creatura disprezzata, indesiderata» La storia nel cuore del romanzo di Patricia Engel, tradotto da Enrica Budetta per @fazieditore, è una delle più rappresentative dell'epoca contemporanea. Un periodo storico in cui l'esser nati nelle zone più politicamente disequilibrate e svantaggiate economicamente si paga ad un prezzo devastante. Basta avere un briciolo di empatia per osservare certe situazioni e uscirne con la convinzione che 'umanità, dove stiamo finendo?' Se non l'avete ancora fatto, vi consiglio di recuperare, sullo stesso tema, Flee, gioiello dell'animazione danese. Le storie di Amin Nawabi, in fuga da un Afghanistan devastato, e l'odissea di Talia, colombiana nata negli Stati Uniti ma costretta a ritornare in patria, per ricongiungersi con i suoi fratelli e la madre sono lo specchio della realtà di molte persone. Veri e propri fantasmi ai margini delle società in cui il tenore di vita è, all'apparenza, migliore. Patricia Engel racconta la sua protagonista quattordicenne, le nazioni della sua giovane ma intensa vita e il passato della sua famiglia tramite salti temporali e senza alcun indugio nella pornografia del dolore. In un romanzo, comunque sia, contenuto (sono poco più di 200 pagine) sentirete spesso lo stomaco contorcersi per la rabbia o per il coinvolgimento emotivo. Il modo in cui l'autrice porta a scoprire l'ancestrale patrimonio culturale colombiano è splendido e rende la lettura ancora più interessante agli occhi di chi segue la vicenda di Talia. Una terra verso cui i protagonisti, tuttavia, provano anche un forte e comprensibile malumore. Malumori che perfino la nazione di destinazione, gli Stati Uniti, non possono fare a meno di accentuare. Sono odissee che, ahimé, non si esauriscono quando si giunge a destinazione. «E forse non esistono nazioni o cittadinanze; sono solo territori disegnati su una mappa, lì dove dovrebbe esserci la famiglia, dove dovrebbe esserci l’amore, il paese infinito».
"Puoi usare una spada come un bastone da passeggio, tuttavia ciò non cambia la sua natura."
Or bene, sono giunta anche io alla fine di uno dei libri più amati dalla community di lettori e lettrici. Dalla meravigliosa penna di Madeline Miller, da me scoperta quest'anno grazie alla lettura dello stupendo Circe, giunge un racconto classico e, allo stesso tempo, contemporaneo per chi è appassionato di mitologia (e non).
La Canzone di Achille, pubblicato in Italia ben nove anni fa da Marsilio Editori, viene raccontata dal punto di vista di Patroclo, narratore in prima persona della sua storia e quella dell'amato Achille, dall'adolescenza fino alle potenti pagine riguardanti la Guerra di Troia.
L'amore che nasce e cresce tra i due, assoluto e travolgente, è il fulcro della storia. Infatti, oltre ad essere un Tardis in grado di trasportarci in un mondo dal sapore antico, il romanzo di debutto di Miller è la fotografia moderna (abbiate pietà per gli occhi di Patroclo 😂 le descrizioni della perfezione di Achille compaiono ovunque. Tant'è che, ad un certo punto, vorresti prenderlo e dirgli 'si, grazie caro. Ho capito!'), umanizzata e, forse, più vicina a noi de "Il migliore dei greci". Per un lettore o una lettrice giovani, può essere un portale assolutamente congeniale per unire lo studio al puro intrattenimento.
Sia Patroclo che la stessa Circe (si capisce quanto Circe mi sia piaciuto, visto che continuo a nominarlo? Oddio, assomiglio sempre più a Patroclo ) si fanno perno in modo che l'autrice possa affrontare tutte le tematiche che le stanno più a cuore. Le tratta con una facilità di scrittura, un tono deciso e una delicatezza in grado di avvolgere completamente il lettore o la lettrice.
Se siete di animo romantico e molto giovani, potreste emozionarvi anche molto.
1899 (2022)
Dal 22 dicembre al cinema